A Saly Portudal, ex colonia portoghese sulla Petite Cote a sud di Dakar, la prima risorsa era la pesca, poi è arrivato il turismo. Ma da sempre, al tramonto, la lunga spiaggia bordata di palme si trasforma in una discoteca a cielo aperto. Si accendono i falò e i suonatori di djambè, i tipici tamburi senegalesi, cominciano a battere ritmi sempre più incalzanti che invitano a danze sfrenate. Ma è a M’Bour, un villaggio vicino, che nascono i djambè, scavati a mano nel legno di sicomoro e coperti da una sottile membrana di cuoio. Il nome djambè, secondo alcuni, deriva da “‘Djem’ tree”, albero di sicomoro. Per altri, da “Anke dje, anke be” che in lingua bamana significa “tutti si raccolgono insieme” un’interpretazione più fantasiosa e ottimista.